A proposito di Petrucci alla Dakar

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Gli “stregoni” della redazione lo avevano intuito dedicandogli la copertina del n.74.
A due mesi di distanza però, vi voglio parlare ancora di Dakar, o meglio della bella gara di Danilo Petrucci, una bella sorpresa per noi Italiani.
Direi che quello di Danilo è stato un eccellente esordio nella maratona più impegnativa del mondo. Petrux l’ha corsa con il cuore, grinta e tanta voglia di fare bene, affrontando difficoltà e disagi lontani anni luce dalle sicure e confortevoli piste della MotoGP.

Anche se, da qualche anno il “bivacco” della Dakar ha fatto un grande salto di qualità (grazie all’introduzione dei motorhome che con aria condizionata e riscaldamento offrono un confort nelle fasi del sonno imparagonabile alla “rustica” tenda) resta comunque la sostanziale differenza del percorso.
Le interminabili tappe, con relativa navigazione contornata da un’impressionante quantità di difficoltà da affrontare a tutto gas, ha molto poco a che vedere rispetto alle corse sui circuiti d’asfalto, con le vie di fuga in caso di caduta.
Quindi bravo nel prendere rapidamente le misure con la velocità sugli ostacoli e nel mantenere la concentrazione per molte ore in sella, gestendo bene anche la fatica nel corso della lunga giornata dakariana.
Inoltre c’è da riconoscere che Danilo ha sempre tenuto un ottimo ritmo di gara, prendendosi una bella soddisfazione personale aggiudicandosi persino una tappa e confermando così la sua grande velocità in sella alla moto.
Oltre a tutto questo, il Petrux non ha mai mollato di fronte agli inconvenienti tecnici, e soprattutto, stoico nel tenere duro tra acciacchi e botte rimediati nel corso della gara.

Petrucci pare sia a ne carriera nella MotoGP e dai rumors sembra orientato ad intraprendere una nuova avventura sulle piste americane.
Fa bene dico io, ma se si dovesse dedicare ai rally raid potrebbe disputare una bella carriera, forte d’avere già fatto una caduta senza grosse conseguenze; fattore quest’ultimo importantissimo per prendere le misure in una gara come la Dakar. Certo dovrebbe darsi da fare per colmare quel gap che lo separa da piloti giovani che hanno già tanta esperienza, quindi si dovrebbe dedicare a tempo pieno prendendo parte a diversi rally, oltre ad allenamenti mirati.

Per ultimo, un po’ di pazienza perché la storia ci insegna che da qualche decennio vincere la Dakar in breve tempo, non è più riuscito a nessuno!
Buona comunque in generale la presenza degli Italiani alla Dakar, complimenti a Giovanni Gritti per aver terminato la gara alla prima partecipazione, migliore degli Italiani.
Bravi anche tutti gli altri, ma uno su tutti, Giulio Minelli (meccanico nella mia avventura nel mondiale cross), personaggio di grande esperienza e di affidabilità alla Dakar, uno tra gli italiani ad averla vinta con Giacomo Vismara.

Giulio quest’anno ha terminato la sua 26esima partecipazione, componente del Team ItalTrans a fianco di Bellina e Gotti, hanno concluso i 14 giorni di gara in 19esima posizione. Bravi, andrebbero citati!
Parlando del ne carriera, mi chiedono in molti come si vive questa fase.
Un pilota coerente, dovrebbe accettare serenamente il passare degli anni. Quando l’età avanza, arrivano segnali poco simpatici, ad esempio i risultati che non arrivano più e, anche solo finire vicino al podio costa tanta fatica.
Di conseguenza si perde la motivazione di allenarsi, di fare sacrifici e soprattutto si rinuncia al fatto di “prendersi” qualche rischio, ingrediente fondamentale in alcune situazioni di gara.
È facile con questi segnali intuire che si è alla fine.
Facendo riferimento ai piloti di enduro dei miei tempi, c’è da segnalare che gli ingaggi di un’intera carriera non permettevano di “campare di rendita”.
Purtroppo il settore non offre grandi opportunità come in altre discipline motociclistiche, così alcuni piloti hanno faticato ad accettare il “fine della carriera” e, ostinatamente, sono rimasti incollati alle competizioni accontentandosi di condizioni, salari e team di minor consistenza, adeguandosi gareggiando anche in campionati minori, mentre altri si sono cercati un lavoro o hanno continuato nelle attività famigliari.
Io fortunatamente, nendo di gareggiare nel mondiale, la FIM mi coinvolse istituendo il ruolo di Ispettore di Percorso alle gare del “WEC” (nome destituito che invece mi pareva molto indicato) e continuai a correre il campionato Italiano finché… anche in quello non vinsi più!
Grazie però alla mia fedeltà negli anni, KTM mi ha riconosciuto Ambasciatore del marchio.
Così a distanza di trentuno anni dal primo accordo, tutto sommato anche se non più pilota mi sento ancora in carriera.

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